venerdì, ottobre 15, 2004

L'idolatria secondo Umberto Eco

Sì, condivido questa bustina di U. Eco pubblicata su L'Espresso qualche mese fa. Ve la ripropongo tale e quale:

Le reazioni al film di Gibson dimostrano come ormai la rappresentazione mediatica delle cose (fedele o distorta) sia avvertita come la Cosa Stessa


Qualche numero fa ho scritto una Bustina dicendo tutto il male possibile del film di Mel Gibson sulla Passione. Ieri un mio studente mi ha domandato se avevo visto i numerosissimi commenti e dibattiti dei lettori sul sito Internet de 'L'espresso', e mi ha detto: "Forse occorrerebbe rivalutare gli iconoclasti".
Sono quindi obbligato a ricordare che cosa era stata la disputa iconoclastica, almeno dal momento in cui, nel 726, Leone III Isaurico aveva emanato un editto che proibiva il culto delle immagini, che nell'Impero Bizantino stava rasentando l'idolatria. La chiesa di Roma era più indulgente in proposito, e si era allineata sulle posizioni del concilio di Nicea del 787, dove si concludeva che "si può tributare alle immagini un affettuoso saluto ed una venerazione fatta di onori: non l'autentica venerazione della nostra fede, che è dovuta soltanto alla divina natura". Ma nel mondo cristiano occidentale la questione era rimasta aperta e veniva ripresa nei Libri Carolini, composti nell'ambiente di Carlo Magno. I teologi carolingi erano stati disturbati dal fatto che nella traduzione latina degli atti di Nicea si fosse usato un unico termine, 'adoratio', in luogo dei due che distinguevano il culto dovuto all'immagine dal culto dovuto a Dio. Essi invece distinguevano tra mondo spirituale e mondo materiale e dicevano che l'immagine (che può rendere solo aspetti esteriori materiali della cosa rappresentata) non poteva costituire un accesso al mondo spirituale. Anzi, più era somigliante al prototipo, maggiore era la sua falsità, in quanto si aumentava l'inganno nei confronti dello spettatore. L'immagine non era un idolo ma poteva divenirlo se utilizzata in modo scorretto. Quindi l'espressione vera dello spirituale andava ricercata solo nel linguaggio non figurativo delle Sacre Scritture.

I Libri Carolini non escludevano che si potessero usare le immagini come giusto stimolo alla riflessione spirituale. Semplicemente però, invitavano a non dare alle immagini maggior peso di quanto avessero. Diciamo che poi il Medioevo aveva piuttosto adottato una idea di Gregorio Magno per cui "si fa uso della pittura nelle chiese, affinché coloro che sono analfabeti 'leggano' sulle pareti, ciò che non sono in grado di leggere nella Scrittura". Ma in fondo, sia l'una che l'altra posizione sottintendevano che, se non si è analfabeti, sarebbe meglio trarre le proprie occasioni di meditazione dalle scritture e non dalle pitture o (diciamo ora noi) dai film.
E veniamo ai commenti su Gibson, che sono andato a leggermi. Ho trovato ovviamente di tutto, da quelli che dicono che mi sono sbagliato perché il film è bellissimo a quelli che mi danno ragione, da chi dice che ho scritto per invidia della bravura di Gibson a chi dice che il film è stato boicottato dalle 'lobby ebraiche', sino a tale Pippo che, visto quello che ho scritto del film, ne deduce che io sia ebreo (Pippo non lo sa, non sono ebreo, e non è colpa mia, e ho ricevuto una educazione cristiana, ragione per cui sono rimasto scandalizzato da questa speculazione fatta sulla figura di Cristo).

Poi ho trovato un commento secondo il quale io avrei ironizzato sul sangue di Cristo. Ovviamente io ho ironizzato sulla rappresentazione, a mio modo di vedere volgare, che Gibson ha dato della passione di Cristo, ma è a questo punto che ho capito perché il mio studente parlava della disputa iconoclastica. Molti dei commenti che ho letto non sono sul film, ma su Gesù (pro e contro, intendiamoci, a differenza di un tempo oggi ci sono idolatri credenti e idolatri atei). Vale a dire che per moltissimi degli intervenuti appare difficile scindere il film dalla realtà (o, come avrebbero detto i teologi medievali, distinguere la realtà materiale da quella spirituale). Il film per loro è la Sacra Scrittura, e quel giovanotto che interpreta Gesù è Gesù. Naturalmente ho letto anche il commento di tale Gianni il quale avverte che "il film è soltanto la passione di Mel Gibson e non la passione di Cristo", ma debbo dire che non ho trovato in tutti gli interventi questa chiara distinzione tra la realtà (spirituale o storica che sia) e la sua rappresentazione. Gran parte degli interventi sono come quelli di tale Franco che scrive: "Non capisco perché le sofferenze patite da Cristo suscitino tante insofferenze nelle persone prive di fede religiosa". Ma io manifestavo insofferenza verso i patimenti inferti allo spettatore da Gibson, non verso le sofferenze di Cristo. Sembra ovvio, eppure, come si vede, non lo è. E quindi la riflessione si sposta dalla passione di Gibson all'atteggiamento dell'uomo moderno nei confronti del mondo mediatico, che non viene più avvertito come rappresentazione (fedele o distorta) delle cose, ma come la Cosa Stessa. Che è la forma laica che assume oggigiorno l'idolatria.
Sono in ogni modo riconoscente al lettore Marcopac che scrive: "Caro Umberto, non ti perdonerò mai di avermi raccontato il finale del film".

Sal. 139:9-10 Ovunque

Salmi 139:9-10 NR06 [9] Se prendo le ali dell’alba e vado ad abitare all’estremità del mare, [10] anche là mi condurrà la tua mano e mi affe...