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1 CAPO 1 - ANALISI
1. Cristo non solo Maestro, ma altresì operatore di miracoli. In questo e nel seguente capitolo, l'Evangelista raccoglie un certo numero di miracoli di Cristo, evidentemente senza riguardo all'ordine cronologico, ma col disegno di mostrarci che Gesù è non solo maestro, ma eziandio operatore di miracoli. Il primo di questi ministeri ci viene manifestato nel sermone, ed è ampiamente svolto nei tre capitoli precedenti: il secondo appare dai miracoli narrati in questo e nei seguenti capitoli; ed il pensiero dell'Evangelista potrebbe esprimersi così: «Se tu vuoi apprezzare giustamente il gran Maestro, prima leggi quella parte, poi questa». Si osservi che fra i cinque racconti di miracoli contenuti in questo capitolo, uno solo ci riferisce qualche parola di Cristo, oltre quelle che sono indispensabili alla narrazione del miracolo stesso. Questo basta da solo a far nascere la supposizione che essi non sieno narrati secondo l'ordine cronologico, ma secondo qualche altro concetto dello scrittore. Questa supposizione è confermata dal fatto che parecchi di questi miracoli sono presentati negli altri Vangeli in un ordine differente. Però ogni idea di discrepanza è rimossa, poiché non trovansi indicazioni cronologiche in Matteo.
2. Ordine dei fatti narrati in questo capitolo.
1 Guarigione d'un lebbroso, di cui fanno menzione gli altri Evangelisti sinottici Matteo 7:1-4.
2. Guarigione del servo paralitico del centurione romano in Capernaum, nella qual narrazione vengono specialmente notate la bontà, la liberalità e la fede del centurione Matteo 7:5-13.
3. Guarigione della suocera di Pietro allettata colla febbre Matteo 7:14,15.
4. Guarigione di molte persone possedute dal demonio in Capernaum e nelle vicinanze; nel qual fatto si vede l'adempimento d'una antica profezia Matteo 7:16,17.
5. Conversazione collo Scriba, al quale Gesù mostra la povertà della propria condizione sulla terra raccomandandogli così di calcolare la grandezza dei sacrifici ch'egli dovrebbe fare prima di dichiararsi suo seguace Matteo 7:19-22.
6. Tempesta sul lago di Galilea, e miracolo col quale Cristo fa conoscere che tutta la natura è a lui soggetta Matteo 7:23-27.
7. Visita al paese dei Ghergheseni, guarigione dell'indemoniato, e potere di Cristo sugli spiriti maligni, che si palesa nel permesso conceduto ai demoni di entrare in una mandra di porci Matteo 7:28-34.
Matteo 8:1-4. LA GUARIGIONE D'UN LEBBROSO Marco 1:40-45; Luca 5:12-16
1. Ora, quando egli fu sceso dal monte, molte turbe lo seguirono. 2. Ed ecco, un lebbroso accostatosi,
Questo miracolo è narrato pure da Marco e da Luca. Matteo lo pone subito dopo il Sermone sul monte; Luca non indica né tempo, né luogo: dice soltanto che Cristo era «in una di quelle città»; ma siccome lo storico Flavio ci afferma esplicitamente che in quel tempo, mercé la fecondità del suolo della Galilea, le città ed i villaggi; formicolanti di popolazione, erano numerosissimi no annovera non meno di 204, non c'è fra i due narratori alcuna contradizione. Nel passare per uno di quei borghi gli venne incontro il lebbroso. Matteo descrive il miracolo come se e non è congettura improbabile, lo avesse veduto coi suoi occhi.
Per la natura ed i sintomi della lebbra, e le prescrizioni mosaiche sopra di essa, sono da confrontare Esodo 4:6; Levitico 13; Numeri 12:10; 2Re 5:27; 15:5; 2Cronache 26:20-21. Quella malattia traeva il suo nome da scaglia, perché di scaglie si ricopriva la pelle. È malattia schifosa, rapida nell'estendersi, e pare ancora, quando s'è sviluppata, incurabile. Tale era dessa, e tale riscontrasi tuttavia in parecchi paesi, come nell'Arabia, nell'Egitto, nella Siria, ecc. Dominava fin da tempi remotissimi, sotto la forma di quella che chiamasi lebbra bianca presso gli Ebrei, i quali vennero così a farne un simbolo del peccato; morbo schifoso, esso pure rapido e incurabile. Sotto la legge mosaica la lebbra era la massima impurità cerimoniale; solo il lebbroso veniva definitivamente scomunicato. Ciò nonostante, si dichiarava puro chiunque fosse affatto coperto di lebbra Levitico 12:12-13, perché il veleno del morbo era venuto fuori; ma se una parte del corpo non aveva in se alcun segno di lebbra, il malato era tuttora impuro. I sacerdoti potevano toccare i lebbrosi senza contaminarsi, perché essi, secondo il comandamento di Dio, dovevano giudicare della malattia. Le rigorose precauzioni che si dovevano prendere per tenere lontana quella malattia hanno fatto credere generalmente ch'ella fosse d'indole contagiosa; ma questo viene messo in dubbio da parecchi, i quali asseriscono che quelle esclusioni eran proprie della sola legge mosaica, né usavano ov'essa non era in vigore; il che si riscontra nell'esempio di Naaman, siro 2Re 5:1. Quella malattia, diversa affatto dalla elefantiasi, colla quale, per lo più, la confondono, nelle loro narrazioni, i viaggiatori, era, per la sua stessa schifezza, un simbolo adeguato assai del peccato e delle sue conseguenze. Le precauzioni prese legalmente per segregare il lebbroso, bene indicavano agli occhi del popolo come, ognuno dovesse vivere separato dal peccato, vergognoso morbo della razza umana. La guarigione non poteva aver luogo per mezzi umani, ma unicamente per espresso beneplacito di Dio. «Sono io Dio», diceva il re d'Israele, «che costui mi manda perché io liberi un uomo dalla sua lebbra?» 2Re 5:7. Gli Ebrei la solevano appellare il dito di Dio, od anche la percossa; quindi Gesù inviò a Giovanni Battista nel suo carcere questo messaggio: «I lebbrosi sono mondati», per indicargli che il regno del Messia era venuto.
2 gli si prostrò dinanzi
adorare veniva ad esprimere i vari atti di omaggio, e prima di tutto il baciare la mano, in secondo luogo baciare la terra, o prostrarsi del tutto, e finalmente ogni maniera di omaggio, vuoi civile, vuoi religioso. Gli atti di omaggio che questo lebbroso compiè, come apprendiamo dagli altri Evangelisti furono l'inginocchiarsi Marco 1:40, e il prostrarsi Luca 5:12, i quali, combinati colla richiesta ch'egli fece a Gesù, implica una vera adorazione, sì spirituale che esterna. Implicano anche l'avvicinarsi se non l'immediato contatto con Gesù, e quindi una violazione degli usi giudaici, e tale è pure l'atto del Salvatore di toccare costui.
dicendo: Signore, se vuoi, tu puoi mondarmi.
Questa essendo l'unica guarigione della lebbra che viene rammentata da tutti e tre i Sinottici, si suppone che fosse anche la prima; e, se così è, la fede nel lebbroso era nata da ciò ch'egli aveva, udito dire di altre malattie guarite da Cristo. Fu fede invero meravigliosa! Non dice già il lebbroso di credere Gesù capace a guarire ma colla efficace brevità della fiducia che non conosce dubbio, dice semplicemente tu puoi. Che Cristo volesse, non n'era egli egualmente sicuro; non conosceva Gesù abbastanza: una cosa però sapeva di certo, che se Gesù voleva, la cosa sarebbe fatta. Dal che si comprende qual culto tributasse a Gesù il lebbroso quando gli si prostrò dinanzi. Se coloro stessi che più frequentavano ed avvicinavano Cristo non avevano allora peranco una chiara cognizione teologica della sua persona, tanto meno poteva aspettarsi che quel povero lebbroso avesse una piena conoscenza di ciò che noi sappiamo sull'unigenito Figlio del Padre. Ei credeva che Cristo avesse potenza di guarire, e ne riconosceva la sovranità nella concessione delle sue grazie. E nota bene, o lettore, ei non se ne rimase lontano, pensando fra se: Gesù conosce il mio stato; se vuole, mi può guarire. No! La sovranità di Dio non è una buona ragione che rattener ci debba dall'avvicinarci a lui; poiché molte sono le promesse ch'egli ci ha fatte, confortandoci a confidare in lui. E così infatti adopera, quel peccatore, che, sentendo la propria miseria, si avvicina a Gesù col cuore straziato, col capo scoperto, come un povero schiavo del peccato, e cerca in lui il suo scampo, esclamando: «L'immondo, l'immondo!» Levitico 13:45.
PASSI PARALLELI
Matteo 5:20,28,32,44; 21:23-27; 28:18; Deuteronomio 18:18-19; Ecclesiaste 8:4; Isaia 50:4
Geremia 23:28-29; Michea 3:8; Luca 21:15; Atti 3:22-23; 6:10; Ebrei 4:12-13
Matteo 15:1-9; 23:2-6,15-24; Marco 7:5-13; Luca 20:8,46-47; Marco 1:40-45; Luca 5:12
Matteo 10:8; 26:6; Levitico 13:44-46; Numeri 5:2-3; 12:10; Deuteronomio 24:8-9; 2Samuele 3:39
2Re 5:1,27; 7:3-4; 15:5; 2Cronache 26:19-21; Luca 4:27; 17:12-19
Matteo 2:11; 4:9; 14:33; 15:25; 18:26; 28:9,17; Marco 1:40; 5:6-7; Luca 5:12
Giovanni 9:38; 1Corinzi 14:25; Apocalisse 19:10; 22:8-9
Matteo 9:28-29; 13:58; Marco 9:22-24
3 3. E Gesù, stesa la mano, lo toccò, dicendo:
Mosso da compassione (Marco), Gesù fece quel che nessuno avrebbe ardito fare per tema di contrarre un'infezione e di contaminarsi ritualmente. La fede del lebbroso e la misericordia di Cristo passano sopra gli statuti levitici.
Lo voglio, sii mondato. E in quello istante egli fu mondato dalla sua lebbra.
Sotto l'influenza della simpatia umana, come pure della condiscendenza divina, il nostro Signore esaudì, colla parola e coll'opera, la preghiera del povero lebbroso. Non solo ei lo toccò, ma gli parlò, e che parole piene di grazia! Che sapiente brevità! Qual piena corrispondenza fra la domanda e la risposta! «Se tu vuoi», «Io lo voglio», «Tu puoi mondarmi». «Sii mondato». Con quest'opera, egli dimostra che tutte le malattie sono sottoposte alla sua volontà. Questo miracolo è un simbolo della potenza di Cristo, per liberare! dal peccato, e dalla maledizione di esso.
PASSI PARALLELI
2Re 5:11
Genesi 1:3; Salmo 33:9; Marco 1:41; 4:39; 5:41; 7:34; 9:25; Luca 5:13; 7:14
Giovanni 5:21; 11:43; 15:24
Matteo 11:4-5; 2Re 5:14; Luca 17:14-15
4 4. E Gesù gli disse: Guarda di non dirlo ad alcuno; ma va', mostrati al sacerdote,
il sacerdote, secondo la legge mosaica, era il giudice competente per sentenziare se la lebbra fosse o no guarita; quindi il lebbroso, aveva interesse e dovere di presentarsi, il più sollecitamente che gli fosse possibile, al sacerdote medesimo in Gerusalemme, per aver da lui l'attestato giudiziale della propria purità. Ecco perché Gesù ordinò al guarito di recarsi a Gerusalemme, dando con questo una prova di più che la legge cerimoniale era una istituzione divina, e conservava tutta la sua forza. finché Gesù, col sacrificio di se stesso, non l'avesse abrogata. Il comando di non dirlo ad alcuno, era temporaneo e relativo da valere soltanto finché la dichiarazione legale fosse pronunziata dal sacerdote; era una precauzione per evitare che, se la cosa si fosse sparsa, il sacerdote potesse maliziosamente negare l'attestato richiesto dalla legge. Forse anche Gesù diede quest'ordine, perché non era venuto ancora il tempo per lui di manifestarsi pubblicamente in qualità di Messia. Da Marco 1:45, infatti apprendiamo, che, per essersi sparsa la notizia della cura fatta a quell'uomo, egli fu costretto di ritirarsi in un luogo deserto, perché le moltitudini gli chiedevano miracoli, e non gli lasciavano tempo di insegnare e di predicare. Alcuni si valgono del comando, «Va', mostrati al sacerdote», per confortare la teoria della confessione al prete, e della successiva assoluzione; ma anch'essi sono costretti a convenire che in questo caso Cristo solo purifica. Essi sbagliano totalmente, considerando il sacerdozio levitico come tipo del romano, e dimenticano che tutti i sacerdozi umani furono aboliti quando venne il Sacerdote che «dimora in eterno, che ha un sacerdozio che non trapassa ad un altro» Ebrei 7:24. In Cristo non già una classe di cristiani, ma tutti i veri credenti sono sacerdoti a Dio 1Pietro 2:5; Apocalisse 1:5-6.
e fa' l'offerta che Mosè ha prescritto,
secondo il Levitico 14:10,21-22;
e ciò serva loro di testimonianza.
Ai sacerdoti, cioè, ed al popolo. La lebbra lasciava sulla pelle cicatrici evidenti ed incancellabili; il sacerdote doveva esaminare il caso, e pubblicamente attestare della grazia ricevuta da Dio, quindi l'uomo guarito da Gesù doveva essere reso alla società. Così il sacerdote diventava, suo malgrado, un mezzo per avverare e propalare il miracolo. Che il guarir la lebbra esser dovesse un carattere del Messia, ne convenivano gli stessi Rabbini; quindi, affinché tanto i sacerdoti quanto il popolo fossero convinti che Gesù era veramente il Messia, faceva d'uopo che venissero a cognizione di questo fatto, in simile modo, giova che la conversione di un peccatore da Satana a Dio sia manifestata, per servire di «testimonianza» agl'increduli, ed eccitarli a convertirsi.
PASSI PARALLELI
Matteo 6:1; 9:30; 12:16-19; 16:20; 17:9; Marco 1:43-44; 5:43; 7:36; Luca 5:14
Giovanni 5:41; 7:18; 8:50
Matteo 3:15; 5:17; Levitico 13:2-46; 14:2-32; Isaia 42:21; Luca 17:14
Matteo 10:18; 2Re 5:7-8; Marco 1:44; 6:11; 13:9; Luca 5:14; 21:13; Giovanni 10:37-38
RIFLESSIONI
1. Che questo primo lebbroso da Cristo guarito fosse quel Simone lebbroso, il quale, pochi giorni innanzi la morte del Signore, apparecchiò per lui, in Betania, una cena, non è che una semplice congettura, e molto potrebbe dirsi per dimostrarla vana.
2. Notiamo il potere assoluto assunto da Cristo, e riconosciuto dal lebbroso stesso, di guarire o no, a piacere suo; e notiamo pure la piena testimonianza che, con questa cura istantanea, Iddio ci dà della personale divinità di Gesù Cristo.
3. Apprendano da questo passo coloro i quali gemono sotto il peso del peccato, che, per ottenere una guarigione completa, debbono riconoscere col cuore la potenza e la volontà che ha Cristo di sanarli, e non saranno delusi.
4. Noi non dobbiamo seguire il nostro giudizio, allorquando esso è in opposizione coi comandamenti di Dio; ogni nostro pensiero dove essere subordinato all'ubbidienza a Cristo. E qui il lebbroso sbagliò; credette onorare Gesù più col trascurare l'ordine suo, che coll'adempierlo! Ubbidire doveva, non giudicare. Ora però, voi tutti che foste guariti dalla lebbra del peccato, niuno vi prescrive il silenzio; l'amore di Cristo adunque vi spinga a «celebrare la gloria del suo nome ed a rendere la sua lode gloriosa».