mercoledì, marzo 17, 2010

Si può dare di più « biblicamente

Si può dare di più « biblicamente: "Si può dare di più

Pubblicato da pj su 16 marzo 2010

I Salwen sono una classica famiglia americana, di quelle che i film hanno reso un simbolo degli Stati Uniti: padre, madre, due figli (ovviamente maschio e femmina), una villa comoda con quattro stanze e altrettanti bagni, e poi il giardinetto, un’auto confortevole e tutto il resto.

In questo resto era compresa anche una vita da buoni cristiani, di quelle che noi dovremmo guardare sentendoci inadeguati: facevano beneficenza, il padre organizzava aste di abiti usati per raccogliere fondi da dare ai poveri, i figli svolgevano ore di volontariato (da noi, invece, se un figlio si propone di dedicare tempo ai bisognosi, perfino il cristiano più maturo è tentato di replicare: “cosa ci guadagni?”. Segno che la cultura materialistica forse è un problema più marcato di quanto vorremmo credere).

Insomma, come sopra: la classica famiglia americana. Fino a quando una domanda ha attraversato la loro mente e (soprattutto) la loro vita.


Un giorno, riferisce Paolo Valentini sul Corriere, «Alla sinistra della loro auto ferma sul rosso, c’erano alcuni senzatetto, con un cartello che chiedeva da mangiare». Accanto a loro, una lussuosa Mercedes. “Papà — disse Hannah, allora quattordicenne —, se quel signore non avesse un’auto così bella, quel povero affamato potrebbe avere un pasto». Kevin risposte d’istinto: «Anche se noi avessimo un’auto meno costosa, quell’uomo potrebbe mangiare”. Parole che non sarebbero andate più via dalla testa della ragazza. “Dovremmo fare qualcosa di più — continuò a ripetere la sera a cena —, non voglio vivere in una famiglia che dice sempre “vorrei” e poi non fa nulla. Voglio realizzare qualcosa che faccia la differenza”».

Hannah, con l’entusiasmo e la tenacia dei suoi 14 anni (avercene, di adolescenti così motivati verso una nobile causa), riuscì a convincere i suoi familiari a osare l’inosabile: vendere la villa, comprare una casa che costasse la metà e utilizzare il resto per aiutare gli altri.

Dopo una lunga ricerca – perché fare del bene in maniera efficace è un impegno mica da poco - la scelta è caduta su una fondazione che combatte la povertà in Ghana; con la loro donazione verranno costruiti “due centri comunitari con libreria, scuola professionale di agraria e mensa pubblica”, cambiando la via di 40 mila persone.

Se in Ghana probabilmente la gratitudine è stata notevole, in America il loro gesto ha risvegliato l’acidità di numerosi loro connazionali: qualcuno li accusa di narcisismo, altri addirittura di aver tradito il mitico sogno americano “rinnegando il frutto del loro lavoro e per giunta regalandolo a un popolo straniero”.

Probabilmente i critici, nel tentativo di demolire un gesto bello e raro, non hanno considerato che raramente un narcisista, per provare piacere, rinuncia a qualcosa di suo. Per quanto riguarda il sogno americano, viene da concludere che lo ha rappresentato meglio l’ingordigia dei banchieri di Wall Street rispetto all’altruismo di una anonima famigliola di provincia.

Se, come noi, fate parte di quella maggioranza che leggendo di questa vicenda si è indignata per le obiezioni dei detrattori, frenate per un momento lo sdegno. E insieme chiediamoci se, al di là delle frasi di circostanza, la domanda che ci facciamo più spesso è “cosa potrei fare di più per gli altri?”, o se invece ci viene più spontaneo (e, tutto sommato, piacevole) continuare a cullare il nostro personale sogno americano, magari convinti che sia la volontà di Dio per noi."

Sal. 139:9-10 Ovunque

Salmi 139:9-10 NR06 [9] Se prendo le ali dell’alba e vado ad abitare all’estremità del mare, [10] anche là mi condurrà la tua mano e mi affe...