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Domestici, siate con ogni timore sottomessi ai vostri padroni; non solo ai buoni e ragionevoli, ma anche a quelli che sono difficili. Perché è una grazia se qualcuno sopporta, per motivo di coscienza dinanzi a Dio, sofferenze che si subiscono ingiustamente. Infatti, che vanto c’è se voi sopportate pazientemente quando siete malmenati per le vostre mancanze? Ma se soffrite perché avete agito bene, e lo sopportate pazientemente, questa è una grazia davanti a Dio. Infatti a questo siete stati chiamati, poiché anche Cristo ha sofferto per voi, lasciandovi un esempio, perché seguiate le sue orme.
Egli non commise peccato e nella sua bocca non si è trovato inganno. Oltraggiato, non rendeva gli oltraggi; soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva a colui che giudica giustamente; egli ha portato i nostri peccati nel suo corpo, sul legno della croce, affinché, morti al peccato, vivessimo per la giustizia, e mediante le sue lividure siete stati guariti. Poiché eravate erranti come pecore, ma ora siete tornati al pastore e guardiano delle vostre anime.
(1 Pietro 2:18-25- La Bibbia)
I cristiani sono chiamati a cambiare il mondo che li circonda attraverso una rivoluzione d’amore.
Nel primo secolo molti cristiani vivevano in misere condizioni; molti appartenevano alle classi sociali meno agiate, tantissimi di loro erano servi nelle case di padroni benestanti. Come emerge anche in altri brani, gli scrittori del nuovo testamento, ispirati da Dio, non hanno mai incitato i servi alla rivolta, ma hanno puntato a cambiare sia il cuore dei servi che il cuore dei padroni per ottenere una società in cui non ci fossero più padroni e servi ma solo fratelli che avevano ruoli diversi. Lo si percepisce molto bene, ad esempio, leggendo la piccola lettera di Paolo a Filemone.
Purtroppo non tutti i padroni erano buoni e ragionevoli, ma vi erano anche quelli che si comportavano da despoti e maltrattavano i loro servi anche con punizioni immeritate. Se poi un servo manifestava la fede cristiana, in una società che normalmente era idolatra, rischiava ancora di più di attirare su di sé la malevolenza del padrone.
Cosa dovevano fare i servi cristiani in tal caso? La risposta di Pietro era chiara: rimanere sottomessi e soffrire a causa della propria fede, nonostante l’ingiustizia.
Se ci riflettiamo bene, comprendiamo che non era una situazione facile da accettare. Molti, anche tra le classi sociali più deboli, si erano avvicinati alla fede cristiana attirati dalle meravigliose promesse che Gesù Cristo aveva fatto. Ma era davvero quello il costo da pagare? Bisognava subire anche dei maltrattamenti senza reagire? Come poteva Dio permettere una cosa simile? Alcuni potevano cominciare a vacillare chiedendosi se essere diventati cristiani fosse stata una buona idea… Era quella la grazia che Dio aveva fatto loro? Dov’era la libertà che era stata promessa loro? Come poteva essere una grazia soffrire in modo ingiusto per motivi di coscienza?
Pietro, per incoraggiare i suoi fratelli a resistere, non poteva fare altro che ricordare loro il meraviglioso esempio di Gesù. Gesù aveva fatto proprio quell’esperienza, infatti Egli non aveva fatto nulla di male eppure aveva sofferto pazientemente, e lo aveva fatto fino alla morte proprio per amor loro, per salvarli e dare loro vita eterna. Gesù aveva quindi lasciato un esempio affinché i cristiani seguissero le sue orme.
Pietro fa notare che le sofferenze che si subiscono perché ci si è comportati male, non sono certamente degne di lode. Al contrario soffrire con pazienza pur comportandosi bene, proprio a causa della propria fede, era una grazia davanti a Dio ovvero avrebbe incontrato il favore di Dio. Dio avrebbe infatti onorato coloro che avrebbero seguito le orme di Gesù, perché a questo essi erano chiamati.
Essi non dovevano quindi vivere la persecuzione come se fosse una punizione da parte di Dio, ma dovevano viverla come un percorso necessario per la maturazione della loro fede. D’altra parte, in precedenza, Pietro aveva paragonato la prova della fede alla purificazione dell’oro attraverso il fuoco (1 Pietro 1:7). Gesù stesso, prima di dare la sua vita sulla croce, aveva ricordato ai suoi discepoli che sarebbero stati perseguitati proprio come lo era stato lui:
Ricordatevi della parola che vi ho detta: “Il servo non è più grande del suo signore”. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. (Giovanni 15:20)
Beati voi, quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia. Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio è grande nei cieli; poiché così hanno perseguitato i profeti che sono stati prima di voi (Matteo 5:11-12)
I cristiani dovevano quindi seguire, anche nella persecuzione, l’esempio di Gesù che, senza commettere peccato, si era lasciato oltraggiare senza reagire, senza aprire la bocca (Isaia 53:7), rimettendosi a colui che giudica giustamente. Anch’essi nella sofferenza dovevano rifugiarsi in Dio, dovevano rimettersi a Colui che giudica con giustizia, sapendo che il Signore si sarebbe preso cura di loro.
Essi dovevano ricordarsi di ciò che Gesù aveva patito per loro proprio per liberarli dalla schiavitù del peccato e farli diventare servi della giustizia (vedi anche Romani 6:17-18). Essi si erano identificati con Gesù nella sua morte e avevano ricevuto vita eterna da Dio nella sua risurrezione. Mediante le sofferenze di Gesù essi erano stati guariti (Isaia 53:5), erano stati perdonati, erano stati riconciliati con Dio, avevano ricevuto la dignità di essere chiamati figli di Dio…
Essi che erano stati pecore perdute e lontane, erano state ricondotte nel gregge del divino Pastore e guardiano delle loro anime. Come Gesù aveva detto, i nemici avrebbero anche potuto ucciderli, ma nessuno avrebbe potuto togliere loro la vita eterna che era nelle mani di Dio (vedi Matteo 10:28). Questi pensieri avrebbero donato loro forza e coraggio per affrontare sofferenze e ingiustizie.
Nel considerare il grande esempio di Gesù, anche noi cristiani del ventunesimo secolo, affrontiamo le sofferenze e le difficoltà con la certezza che Dio si prende cura di noi ed è garante della nostra vita eterna. Se Gesù è il pastore e il guardiano delle nostre anime, nessuno potrà mai portarci via dal suo gregge. Siamo al sicuro nelle sue mani.