Tempo di Riforma: "Trasparenza assoluta ed onestà
12 'Questo, infatti, è il nostro vanto: la testimonianza della nostra coscienza di esserci comportati nel mondo, e specialmente verso di voi, con la semplicità e la sincerità di Dio, non con sapienza carnale ma con la grazia di Dio. 13 Poiché non vi scriviamo altro se non quello che potete leggere e comprendere; e spero che sino alla fine capirete, 14 come in parte avete già capito, che noi siamo il vostro vanto, come anche voi sarete il nostro nel giorno del nostro Signore Gesù' (2 Corinzi 1:12-14).
Dalle critiche nessuno sembra potersi salvare, neanche l'apostolo Paolo. Ciò che egli scrive nelle sue lettere non solo viene oggi messo in discussione spesso e volentieri, ma anche allora, durante la sua stessa vita. Ecco così che, in questa sezione della sua lettera egli risponde a tre critiche che ha ricevute: (1) che le sue lettere siano di difficile comprensione; (2) che lui cambi spesso idea; (3) che abbia un atteggiamento dittatoriale.
Prima di tutto l'Apostolo (v. 12) rivendica l'assoluta trasparenza ed onestà che egli ha sempre avuto nel suo ministero e certamente sempre verso i cristiani di Corinto. Di questo egli se ne fa un vanto: le sue credenziali sono immacolate (lo specificherà in 4:8-9; 6:4-10; e 11:22-12:6). E' forse arrogante da parte dell'Apostolo quello di vantarsene? No. In primo luogo Paolo non si vanta 'per farsi bello' davanti a loro. E' costretto a farlo, perché sono prima di tutto i suoi avversari a mostrarsi vanagloriosi (cfr. 5:12; 10:12). Paolo, per così dire, scende al loro livello per salvaguardare la chiesa dal riporre fiducia in coloro che solo volevano sfruttarli (cfr. 11:8-20). Su di questo egli mette le cose in chiaro: 'Non ci raccomandiamo di nuovo a voi, ma vi diamo l'occasione di essere fieri di noi, affinché abbiate di che rispondere a quelli che si vantano di ciò che è apparenza e non di ciò che è nel cuore' (5:12). In secondo luogo le credenziali di Paolo riguardano la qualità del suo ministero. Egli parla dal punto di vista del tipo di servizio che rende, non della sua persona. Parla al plurale ('noi... nostra...') associandosi così ai suoi collaboratori: il servizio che rendono è irreprensibile. In terzo luogo, Paolo non si vanta dei suoi successi, di quel che ha conseguito, ma nelle difficoltà, lotte e prove che ha dovuto affrontare: 'In ogni cosa raccomandiamo noi stessi come servitori di Dio, con grande costanza nelle afflizioni, nelle necessità, nelle angustie, nelle percosse, nelle prigionie, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni' (6:4-5).
Paolo fa uso del linguaggio del tribunale, laddove si vuole sottolineare l'infondatezza delle accuse e la si conferma con delle testimonianze: 'la testimonianza della nostra coscienza' (12). La sua coscienza non teme lo scrutinio né di Dio né degli uomini. Non si tratta di retorica: quel che dice è detto 'in presenza di Dio' (12, 2:17), il quale pure lo giudicherà 'nel giorno del nostro Signore Gesù' (14). Ciò del quale chiama la sua coscienza a testimoniare è la sua semplicità e sincerità, la franchezza della sua condotta, la sua linearità e trasparenza, nessun secondo fine. Paolo non ha mai avuto alcuna intenzione di ingannare, né è mai è stato un ipocrita. Il suo affetto per loro è genuino, e questo perché verso di loro si è comportato: 'non con sapienza carnale ma con la grazia di Dio'. Non è stata la prassi comune in questo modo a condizionare il suo modo di fare, al contrario, secondo i criteri di questo mondo, il suo comportamento sarebbe stato giudicato solo stupidità. A condizionarlo è stato lo spirito della grazia, secondo la quale egli non ha cercato di accattivarsi 'chi conta' nella società, ma si è rivolto a coloro che in essa sono considerati 'nessuno', chi umanamente non conta e dai quali non si possono ricavare vantaggi... (cfr. 1 Corinzi 1:26-27).
Anche per il suo modo di scrivere e nel pianificare i suoi viaggi, l'Apostolo rivendica franchezza e sincerità. Le argomentazioni di Paolo non sono oscure ed ambigue, come se fossero fatte apposta per potersi facilmente svincolare da possibili critiche e per compiacere tutti. Ciò che Paolo ha scritto è solo ciò che essi potevano leggere e comprendere (13), leggere ad alta voce per essere chiaramente udito e riconosciuto immediatamente. Quel che Paolo scrive non sono messaggi cifrati che solo gli iniziati possono comprendere, non nasconde proprio nulla, intende esattamente quello che afferma. Ciò che egli afferma, quello intende. Paolo così ha voluto e vuole essere del tutto in chiaro con i suoi critici: '...come in parte avete già capito, che noi siamo il vostro vanto' (14). La recente visita che Tito, suo collaboratore, ha fatto loro, è sufficiente per far loro intendere le sue motivazioni (cfr. 7:11). Paolo vuole che essi abbiano completa fiducia in lui, affinché pure egli si possa giustamente vantare di loro. La vita di Paolo e quella dei cristiani di Corinto è legata indissolubilmente, tanto che il suo apostolato non avrebbe senso senza coloro che sono diventati suoi 'figli' (12:14-15). Quando del suo apostolato dovrà rendere conto a Dio, la base della sua fiducia e sicurezza non sarà in sé stesso, ma in coloro che sono giunti alla fede tramite il suo ministero.
Preghiera. Signore, a livello personale, nei miei rapporti con gli altri, nel servizio che rendo all''Evangelo, dammi di essere completamente trasparente, sincero, chiaro e senza secondi fini, affinché io possa promuovere, in ciò che dico e fatto, solo la Tua gloria per l'avanzamento del solo Evangelo. Amen."
domenica, febbraio 14, 2010
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