Libero mi libravo
legato alla sottile
voce del vento,
un gemito di seta
uscito dalle ghiandole
del ragno.
Una pagina sbiadita
di cronaca locale
si infilava rapida
nella via del crepuscolo
per essere dimenticata
senza più ritorno.
Guardavo quel silenzio,
annegavo nel vuoto,
gli occhi mi bruciavano.
La strada anneriva
corrosa dalla notte,
dal suo vago ricordo.
Salivo quella scala,
quel mormorio di brezza
così mi avvicinavo
alla volta del cielo
e non chiedevo nulla,
soltanto misericordia.
Laggiù, dal fianco
della collina scomparsa
si udiva il singhiozzo
dei rami spezzati,
risata o lamento,
non aveva importanza.