La destra populista ha capito una cosa fondamentale: le classi popolari non votano più con il portafoglio, ma con la pancia. Così ha smesso di parlare di salari, pensioni o diritti, e ha iniziato a parlare di immigrati, confini, "valori tradizionali". Ha confezionato un messaggio semplice, binario: noi contro loro, il popolo contro l'élite (che poi, curiosamente, sarebbero loro), la Nazione contro gli invasori.
Una narrazione comoda, che solleva il cittadino dalle fatiche del pensiero critico e gli offre un colpevole esterno per ogni disagio interno.
Ma dietro i proclami nazionalisti, dietro le promesse di protezione e "prima gli italiani", si nasconde un'agenda economica profondamente anti-popolare. Tagli allo stato sociale, flessibilità del lavoro, flat tax, condoni fiscali: misure che avvantaggiano sistematicamente i ceti abbienti. È il capitalismo mascherato da patriottismo, il neoliberismo travestito da sovranismo. E intanto, gli stessi partiti che gridano "difendiamo il popolo" votano in Parlamento per limitare i sussidi, rifiutare il salario minimo, privatizzare i servizi pubblici.
È un'illusione politica di massa: il lavoratore che si crede protetto da chi in realtà lavora contro di lui. Un paradosso che tiene in piedi governi che tagliano i diritti in nome dell'identità, che affamano in nome
della sicurezza. Perché il vero nemico, oggi, non è il ricco evasore né il padrone che delocalizza: è l'immigrato, il diverso, l'altro".
Così, mentre le disuguaglianze aumentano e i salari ristagnano, le classi popolari continuano a votare chi le tiene esattamente dove stanno: in basso. Ma con una bandiera in mano, uno slogan urlato e l'illusione di essere finalmente dalla parte dei vincenti.
(Da Instagram - @imperodegliultimi